Il piccolo Hans - anno XVII - n. 69 - primavera 1991

fatto che, questa volta, l'altro è vivo, fa parte della cerchia di persone vicine, è in grado di scrivere ancora. In effetti il primo autore, alcuni anni prima, scrive in un testo pubblicato - a quale indirizzo dunque? la domanda richiederebbe di essere ripresa e sviluppata - che si è rifiutato il grandissimo piacere di leggere Nietzsche per un solo motivo: non essere ostacolato in quel che cercava (senza sapere rigorosamente di che cosa si trattasse) da una «rappresentazione d'attesa». L'autore, in questa prospettiva - in una parola: la teoria delle formazioni dell'inconscio -, è colui che deve poter non aspettare niente, non avere alcuna mira. In altri termini, divenire autore - niente assicura in effetti di esserlo - è possibile solo nell'ottica di una attesa nulla, fluttuante, in ogni caso senza oggetto. Una simile posizione è ciò che permette, ulteriormente, di esprimere (prima nei propri confronti, poi nei confronti dell'interessato) lo stupore di scoprirsi prossimo - parente prossimo, si potrebbe dire - del tale o del tal'altro, ovvero di un autore che conosce un cammino analogo, che giunge a dei risultati che appaiono dello stesso ordine. In quanto trova qualche cosa in una forma che gli conviene, con parole che fa proprie, l'autore diviene capace, lungo la via, di riconoscere, nominandolo, il suo doppio. (Ipotesi allargata: nei primi tempi della storia del movimento psicoanalitico, nel lento processo di scoperta delle formazioni dell'inconscio, Freud avrebbe più volte, in modi diversi, incontrato una sorta di doppio: una figura speculare, simile e estranea, che viene a incrociare la via che egli traccia. Tre persone giocano questo ruolo, a diverso titolo: Fliess, Jung, Ferenczi). Forse l'autore è questa figura instabile, precaria - tanto più in quanto fa sorgere un certo nuovo, del «nuovo» foggiato con del vecchio - che deve, in un modo che gli si attaglia, ma che non sceglie (secondo ogni verosimiglianza), confrontarsi con ciò che gli rassomiglia. Schnitzler non scrive come Freud: è 206

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