curo che questo stava per zemrel "morto" (generalmente adesso sogno in ceco)» 28• Un brusco risveglio batte sul tempo il processo di elaborazione secondaria che entra già nella fase finale del sonno e prepara la versione "manifesta" del sogno. In questa versione il livello dei fonemi è assorbito dai livelli superiori della parola, della frase, dell'enunciato e non c'è modo di scoprire l'infimo lavorio che è messo in moto dalla scissione delle consonanti. L'interruzione del sonno, come quella patita da Jakobson, ci fa trovare con in mano (così si esprimono talvolta gli analizzanti), un pezzo di sogno, un'immagine, ma più spesso un pezzo di materiale fonetico. Questo ritrovamento suscita in noi regolarmente il pensiero che si tratta di un sogno che in condizioni normali non avremmo mai ricordato, di un sogno destinato a rimanere coperto sotto un altro sogno, quello che avremmo raccontato al risveglio e che col primo non avrebbe avuto nessuna somiglianza. Se il sogno palese copre uno strato di pensieri latenti cui la rimozione non consente di manifestarsi durante il giorno, questa ulteriore regione del sogno, per la quale non esistono piante né guide, destinata a rimanere separata, deve affondare le sue radici nella rimozione originaria. Solo la traumaticità del risveglio, o un ascolto dell'analista che definirei a sorpresa, permette di attingere, non il livello della rimozione originaria (quello, vorrei dire, del nostro essere «mutanti» a contatto con «l'antica razza che non è umana» del film Il bacio della pantera, che in altri termini è uguale alla «pantera della lingua» adamitica ricercata da Dante nel De vulgari eloquentia): il livello tuttavia più prossimo dove principia l'elaborazione del trauma legato per l'uomo alla relazione di discendenza. Al sonno interrotto di Jakobson penso perciò si debba l'eccezione alla norma probabilistica di sognare «generalmen34
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