Il piccolo Hans - anno XVII - n. 68 - inverno 1990-1991

In una seduta successiva Gabriel ritrovò un nocciolo di dattero e disse con gli occhi che gli splendevano: «Ti ricordi? È una candelina del compleanno della scimmia!». Durante la terapia mi era facile non fissare l'attenzione sul fatto che Gabriel continuava a balbettare, poiché c'erano tante altre cose belle e interessanti cui dovevo badare. La balbuzie c'era sempre e la tendenza spastica era sempre lì, sebbene talvolta, in qualche breve sprazzo di rilassamento, sembrasse attenuarsi leggermente. Alcuni mesi più tardi ci fu un periodo molto importante dal punto di vista terapeutico, durante il quale si verificò un improvviso miglioramento. I miei colleghi mi avevano fatto notare che in sala d'aspetto la madre usava leggere a Gabriel qualche cosa ad alta voce per intrattenerlo, ma che leggeva così velocemente che nessuno era in grado di capirci nulla ed era «addirittura terribile starla a sentire». Il giorno successivo dissi alla madre di entrare da sola per un colloquio, durante il quale mi confidò che, quando Gabriel balbettava in presenza di terzi, lei si vergognava fino alle lacrime. Io le parlai allora di una volta che Gabriel mi si era rivolto balbettando in sala d'aspetto, mentre tutti mi osservavano, e io non riuscivo quasi a respirare per la tensione. Aggiunsi che anche per me era stato difficile raggiungere il totale rilassamento che è necessario per il miglioramento e la guarigione del bambino («Balbetta pure, io ti voglio bene così come sei, non mi interessa di nessun altro»). Le regalai poi una copia di un mio recente lavoro sulla balbuzie, cui apposi questa dedica: «Alla Dr.ssa XY con i migliori auguri, speranza e amore». A partire da questo momento ebbe inizio il secondo periodo intensivo della terapia, durante il quale Gabriel fornì abbondante materiale terapeutico ad alta carica emotiva. Una volta, mentre giocavamo «al dottore», Gabriel infi217

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