(e ormai era troppo tardi per un secondo intervento). Il bambino venne allattato al seno per quattro mesi da una balia. L'educazione degli sfinteri ebbe inizio intorno ai due anni, quando egli era già in grado di pronunciare intere frasi. La balbuzie cominciò a 2 anni e 10 mesi. Alcuni giorni prima che il sintomo si manifestasse per la prima volta, George era caduto dal letto, in cui stava insieme alla madre, e si era fatto male ferendosi a sangue alle labbra. La prima volta che venne entrò da solo nella stanza di consultazione. Era evidente che la balbuzie lo faceva soffrire. Poiché era piccolo, lo presi sulle ginocchia e per intrattenerlo mi misi a disegnare con le matite colorate. Allora mi guardò molto da vicino e disse o, meglio, gemette: «A-a-a-iu-ta-a-mi!». Fui profondamente toccata da questa invocazione, e devo dire che in effetti da allora non mi è mai più capitato che un bambino si esprimesse in quello stesso modo, per quanto tutti i bambini sofferenti per un sintomo chiedano sempre, in modo inconscio, la stessa cosa, quando vengono da noi. Durante le sedute George mi chiedeva continuamente di fargli dei coccodrilli di plastilina e ci giocava, dicendo: «Co-co-coccodrillo. La sua bocca è venuta male. Rifalla!». L'altra cosa che faceva in continuazione, poi, era di buttare giù dal suo lettino una bambolina, dicendo: «È ca-cacaduta giù». Altre volte mi chiedeva di fare un piatto con la plastilina e di metterci sopra delle «salsicce». Il «gioco della salsiccia» era uno dei suoi preferiti. Una volta tentò di aprire con forza l'armadio: tirava e spingeva tutto rosso per lo sforzo, e quando alfine ci riuscì gridò: «Bravo! Ce l'ho fatta!». I giochi ripetitivi di questo bambino di tre anni erano in relazione con l'esperienza traumatica e le paure istintuali. La semplicità e la chiarezza di questi giochi richiamano i sogni infantili dove non sono ancora evidenti gli effetti di deformazione dell'inconscio. 211
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