m'aveva ricordato nulla prima che ne sentissi il sapore; forse perché spesso dopo di allora ne avevo viste altre, senza mai mangiarle, sui ripiani dei pasticceri, e la loro immagine s'era staccata da quei giorni di Combray per legarsi ad altri più recenti; forse perché, di ricordi abbandonati per così lungo tempo al di fuori della memoria, niente sopravviveva, tutto s'era disgregato; le forme - compresa quella della piccola conchiglia di pasticceria, così grassamente sensuale sotto la sua pieghettatura severa e devota- erano scomparse, oppure, addormentate, avevano perduto la forza d'espansione che avrebbe permesso loro di raggiungere la coscienza. Ma quando di un lontano passato non rimane più nulla, dopo la morte delle creature, dopo la distruzione delle cose, soli e più fragili, ma più vivaci, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore permangono ancora a lungo, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sulla rovina di tutto, a sorreggere senza tremare - loro, goccioline quasi impalpabili- l'immenso edificio del ricordo. Da questa sensazione orale, estenuatamente sensoriale, si svolge tutta una serie di correlazioni edipiche, di rapporto con la madre-nonna, dal nome Bathilde, nonna e anche madre concede al figlio il bacio proibito e contribuisce a snervarlo come la Bathilde merovingia, alla percezione visiva del libro edipico di François le Champi che la madre gli legge presso il letto, fino al passaggio nettamente sensoriale del bacio come rifacimento dell'allattamento: 232 Quando stavo così, con la bocca incollata alle sue gote, alla sua fronte, vi attingevo qualcosa di tanto benefico, di tanto nutriente, da poter conservare l'immobile serietà, l'avidità tranquilla di un bambino che succhia il seno materno.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==