complicità della collaborazione, che ci ricorda nei suoi furori improwisi l'ultimo rifiuto di Majakowskij: «la nave dell'amore si infrange contro l'orrore della familiarità». Ci interessa allora come condurre questo bambino ad essere a suo modo un condottiero, rispettando le indicazioni che lui stesso ci dà. Esiste una via per non ritrovarsi in fa-· miglia? perché nella tecnica che prende posto nel luogo della fobia rion sia necessaria l'intrusione.di un gestore? Che cosa possiamo farne di quest'uso improprio dei materiali, la propria lingua, la propria saliva, il proprio interno,· le orme scavate dall'estraneo sul palmo delle mani, noi che siamo diventati insensibili alla terribilità delle forme che de- . vastano il bambino cosiddetto normale, ma che siamo ugualmente lontani dal rifiuto autistico all'intrusione. Il luogo della fobia sembra qui porsi precocemente e le questioni della tecnica, del disegno, del riconòscimento, dell'animale, del rapporto alla generazione che abitualmente vi si collocano, non si sviluppano in una prima rappresentazione esterna. E qui l'autismo si differenzia daUa psicos. i che se pur manca, come abbiamo sempre detto, di un luogo della fobia come momento della strutturazione del soggetto, tuttavia ben conosce che cosa è un luogo e che cosa è una rappresentazione, rovescia il cielo nella terra e fa brillare il sole accecante della paternità sulla soglia di casa. Il luogo della fobia marca invece l'interno del bambino autistico e la m�ta genitale può rappresentarsi solo, precocemente sofferta, come un ingoiamento di se stessi. Lontani sono il castello e la torre delle teorie sessuali infantili, ma forsé è la loro impronta a creare quella nostalgia che tra tanti bambini autistici, permette a qualcuno di diventare, in un campo per lo più straniero ai normali nevrotici, un artista, o uh matematico in grado inopinatamente di calcolarne la distanza. Virginia Finzi Ghisi 202
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