Manganelli. Dall'altra c'è il concetto dell'involuzione finalizzata al non essere; Manganelli parla di non essere mai nati[...] la persona diletta si raggrinzi e impicciolisca, si rifaccia feto (vestito di rosa), doppi il proprio concepimento, e infine scompaia in una aureola di parolacce, sporcizia, gridate allusioni (cfr. Hilarotragoedia, pp. 46-47). E Michaux così vede il momento in cui si arresta una vita: Quello fu un attimo,un attimo eterno,[...] e tutti gli altri attimi vi s'infornarono, vi s'invaginarono, l'uno dopo l'altro, via via che arrivavano, senza fine, senza fine, e io ruzzolai dentro, sempre più infossato, senza fine, senza fine (cfr. «La mia vita s'arrestò», da Un certo Piuma, p. 62). L'innominabile di Beckett, presente in ogni pagina dei Silenzi collettivi, analizza in un delirio angosciato se il peggio sia la fine o l'inizio (o la metà o il tutto),mentre il protagonista di Klobas procedendo all'indietro riscrive in una lingua buffona le tappe della sua vita; e finisce ai suoi inizi, cancellando se stesso nell'ultima tragicomica strip. Paola del Giudice 230
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