Il piccolo Hans - anno XVII - n. 65 - primavera 1990

ti non si crede», «diversamente non si spiega», cfr. pp. 13; 15); sono la musicalità che armonizza un discorso fatto a pezzi. In questo brano di Klobas: Come opera d'arte, senza aspettare la paziente polvere dei secoli, mi attribuisco un valore corrente normale, deprezzabile a piacimento, seguendo le leggi del mercato. Ammazzo il tempo fumando di nascosto un sigaro e accavallo le gambe al limite del consentito, mi gratto la schiena, do l'impressione di essere annoiato, morto annoiato (cfr. p. 84). c'è l'eco di Chi l'avrebbe detto. Nelle righe del romanzo si ritrova qualche precisa immagine derivata dalle poesie di Giuliani: il ventre premuto «sulla carta vetrata» (cfr. p. 135 e La cara contraddizione), la Venere di Milo (cfr. p. 85 e Il giovane Max), la visione «in grandezza naturale» (cfr. p. 22 e /o stesso e il teatro); ma anche le «bolle di tepore» (cfr. p. 97) che sempre in /o stesso e il teatro sono «bolle di... profumo» e i «lunghi periodi di ozio» (cfr. p. 7), variante dei «lunghi periodi di silenzio» che aprono la stessa poesia. Lo spolpamento del sangue di Chi l'avrebbe detto diventa in Klobas un più comunemente usato spolpamento delle ossa (cfr. p. 26). Nel capitolo sui «Lavori che nobilitano» il protagonista, che fa il guardiano notturno, lascia su ogni porta controllata un biglietto scritto di mio pugno con osservazioni e pensieri relativi al mio stato d'animo, dal quale l'intelligente destinatario del medesimo, può risalire a sintesi generali riguardanti i piccoli o grandi fatti che hanno costellato tutto il tempo della notte (cfr. p. 91). Poi, come capita a tutte le comunicazioni sibilline, i bigliettini «vengono rimossi, spostati, rimescolati a caso 228

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