l'interesse del lettore ma contemporaneamente smentire l'intenzione di aver voluto comunicare qualcosa, come in questo brano: Ecco, queste cose senili mi rattristano, mi mettono di cattivo umore perché evocano momenti spensierati, irripetibili; vorrei uccidermi per dimenticare tutto e per sempre,[...] si tratta in fondo di sradicare i riflessi condizionati della mente e gettarli lontano. [...] avverto in più parti del corpo sensazioni plurime spolparmi I.e ossa, penso alla morte come allo sviluppo di un progetto tecnicamente fattibile.[...] Penso alla morte sempre. Degli altri (cfr. p. 26). È l'impulso polemico a parlare a tutti i costi, anche senza avere nulla da dire, pur di non tacere (come l'innominabile beckettiano), per fare un po' di chiasso da opporre al silenzio. Il principio metalogico di A uguale a non A e diverso da A (simultanea presenza di unicità, alterità e opposizione) sottolinea il nonsenso di molte costruzioni, confonde con allegria; una abitazione riesce ad essere «ambiente genuino dove morire serenamente, sfarzoso, anzi spartano,[...] terribilmente deprimente per morire,ma anche per viverci» (cfr. p. 30). La sintassi, rotta in frasi indipendenti, scorre rapida nell'illogicità e diffonde il disordine dell'esistenza, lo schizomorfismo di cui parla A. Giuliani nell'introduzione a/ Novissimi. E i Silenzi collettivi sono l'alienazione del giovane Max e il suo giocoso farneticare; sono la gita nell'inconscio del ridacchiante Curro (cfr. p. 17 e Fuori nel risveglio) e l'agitato trasloco che rimuove cose e nevrosi nel primo capitolo di Klobas come in L'acqua alle piante; sono il febbrile argomentare dei versi centrali di Altrimenti non si spiega (alla quale rimandano con precisione certe costruzioni, come «Altrimenti non mi spiego», «altrimen227
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