A. Masullo a proposito di Tipi psicologici scrive: «È interessante rilevare che per Jung tanto l'abbandono all'impersonalità dell'inconscio quanto la violenza mutilatrice dell'inconscio sono uno scacco per l'uomo» («Rivista di psicologia analitica», n. 2, ottobre 1970, p. 437). 54 L'archetipo viene così a definirsi in Kerényi con caratteri strettamente junghiani. 55 Simbolo di questa armonia, lo dicevamo, è l'archetipo del Fanciullo divino e redentore: «Se lo stato infantile della collettività viene represso fino al punto dell'esclusione completa, il contenuto inconscio si impossessa dell'intento cosciente, ostacolando, falsando e addirittura impossibilitando la sua realizzazione» (KerényiJung, Prolegomeni, cit., p. 126). 56 Va fatto rilevare qui che le forme perenni che permettono questa armonia tra soggettivo e oggettivo sono per Kerényi, come per Eliade, gli archetipi. 57 Kerényi-Jung, op. cit., p. 122. 58 Kerényi-Jung, op. cit., p. 43. 59 Convinzione sarà anche l'archetipo. Per voler subito fare un parallelo tra Frye e Jung, si potrebbe dire che lo studio di entrambi parte da un insieme universale e impersonale (che nell'uno è la letteratura e nell'altro è l'inconscio collettivo) e che poi rivolge la sua ricerca agli elementi di interconnessione tra i singoli costituenti dell'insieme, agli elementi di permanenza nel divenire: gli archetipi appunto. 60 «La letteratura dà forma a se stessa e non è formata dall'esterno: le forme letterarie non possono esistere al di fuori della letteratura». N. Frye, Anatomia della critica, Torino, Einaudi, 1969, p. 128. 61 N. Frye, Eimmaginazione coltivata, Milano, Longanesi, 1974, p. 18. 62 N. Frye, op. cit., pp. 29-30. 63 N. Frye, Eostinata struttura, Milano, Rizzoli, 1975, p. 172. . 64 N. Frye, Anatomia della critica, cit., p. 149. 65 Non basta perciò, come volevano i New Critics, fermarsi allo studio dell'imagery e all'analisi della tessitura. Del resto Frye si dimostra convinto del fatto che, una volta connessi tra loro i simboli e le strutture immaginative delle opere, lo studio mostrerà immediatamente la loro natura "deterministica": essi si disporranno in "superstrutture" interrelate, dove ogni simbolo non solo è la base di un altro, ma è assunto a provvedere a tale base. 66 La letteratura è concepita da Frye come una vera e propria società regolata da convenzioni: «Le convenzioni, è chiaro, hanno la medesima funzione, sia nella letteratura che nella vita: esse impongono allo scrittore determinati schemi d'ordine e di stabilità. Soltanto che, se queste convenzioni sono così diverse, è evidente che l'ordine delle parole, o la struttura della letteratura, e l'ordine sociale non sono la medesima cosa». N. Frye, Z:immaginazione coltivata, cit., p. 70. 216
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