minute Eaffare Dracula-Joyce 1. Andavo a caccia di vampiri nei libri, col futile scopo di spiegare la genesi e la fortuna (recenti) di questo mito, quando da un amico ebbi ciò che in gergo si dice una «soffiata»: Joyce, Ulisse, p. 531 . La cosa mi parve sul momento molto strana; ma, si sa, l'Ulisse è un'enciclopedia dove c'è di tutto a condizione di cercarlo. Così ho ripreso la lettura di quel classico, troppo a lungo dimenticato in biblioteca. A p. 53 si sta consumando il terzo episodio del romanzo. Stephen Dedalus passeggia sulla spiaggia e il suo pensiero divaga intorno al mare, tomba-grembo dove la putredine è morte e vita in un'incessante metamorfosi. Il monologo interiore, veloce e rigoroso, connette il mare e la luna. [...] Una marea occidua, attratta dalla luna, nella sua scia. Maree, tempestata da isole a miriadi, il lei, sangue non mio, oinopa ponton, un mare cupovinoso. Ecco l'ancella della luna. Nel sonno l'umido segno annuncia l'ora, le impone di alzarsi. Letto di sposa, letto di parto, letto di morte, con candele spettrali. Omnis caro ad te veniet. [...] A tide westering, moondrawn, in her wake. Tides, myriadislanded, within her, blood not mine, oinopa ponton, a winedark sea. Behold the handmaid of the moon. In sleep the west sign calls her hour, bids her rise. Bridebed, childbed, bed of death, ghostcandled. Omnis caro ad te veniet. He come s, pale vampire, through 221
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