un autre, soyons juste, il veut que je mont, que je monte dans lui, ou dans un autre, il croit que ça y est, il me sente en lui, alors il dit je, comme se j'étais lui, ou dans un autre, alors il dit Murphy, ou Molloy, je ne sais plus, comme si j'étais Malone, mais c'en est fini des autres, il ne veut plus que lui, pour moi, il croit que c'est la demière chance, il croit cela, on lui a appris à croire, ceci, cela, c'est toujours lui qui parle, Mercier n'a jamais parlé, Moran n'a jamais parlé, moi je n'ai . . l' 8 1ama1s par e... Questo frammento della voce innommable può valere come segno ,estremo della mancanza di riconoscimento della propria funzione di autore da parte di Beckett. Se l'autore è, classicamente, master rispetto al materiale che allestisce, l'attualità delle percezioni (lo stream ofperceptions) assunta come strategia narrativa, con tutto ciò che di profondamente, dismisuratamente autobiografico è in essa insita, vettorializza verso un infinito virtuale il processo della scrittura. Si tratta di quella stessa cattiva infinità che il giovane Beckett (nel 1928) ritrovava nel "purgatorio joyciano", dove, contrariamente a quello dantesco, «il movimento è adirezionale o, se si vuole, multidirezionale, e un passo in avanti è, per definizione, un passo indietro»9 ; se non che, l'infinito è qui una dilatazione temporale, e i movimenti biunivoci sono il rimbalzo dell'attualità, l'eternità in diretta. Elnnommable è l'unico libro che, letto, riproduce il proprio autore nell'atto di produrre ciò che si va leggendo ma non in quanto strategia narrativa bensì come elezione etica, cioè nell'atto di percepire il proprio procedere narrativo (che, nel lettore, è piuttosto il progresso del narrante, più che del narrato). Malgrado tale esito possa per molte ragioni definirsi straordinario, non è qui che s'arresta il superamento delle strategie joyciane nell'opera di Samuel Beckett. Dopo aver provveduto a liquidare il consciousness, difatti, egli 214
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==