Per sua diFAlta qui dimorò poco; per sua diFAlta in piANtO e in AFFANNO cambiò onesto riso e dolce gioco. Di Petrarca mi piace rammentare il son. CXVII, dove affanno, ultima parola, non solo termina un verso come dÀNNo a me piANtO, et a' pie' lassi AFFANNO, ma si allaccia alla rima in -alle della fronte con FAlle 8 e VAlle 1. 4. Mi getto, e grido, e FREMO 23. L'autografo mostra ai vv. 21-24 esitazioni considerevoli. È questo il punto medio dell'idillio, dove in crescendo o per climax il discorso sale al grido che grida fino a turbare la pace di qualche critico forse non abbastanza disposto a sentire che il grido erompe al momento giusto ed è smussato dall'alone della rimemorazione di luoghi soprattutto alfierani. C'è questo snodo, alfierianamente inarcato (di destino, tempo, ora, per lo più si tratta), come nel sonetto di Foscolo alla Sera (e intanto fugge I questo reo tempo), e chieggo era stato chieggio, che in Alfieri può abitare con chieggo (cheggio in Petrarca). Notevole resistenza oppone nell'autografo napoletano mi rawolgo (mi getto, e mi rawolgo ), mutato poi in e grido, e fremo. E siccome una variante a margine non ha fremo, così che il grido, un doppio grido, segue, sia pure dopo punto fermo, grido, si può pensare con Contini che l'interiezione «sia stata idoleggiata in eventualità di discorso diretto»18 • Aguzziamo dunque gli occhi sul fremo che, assente nella Commedia e nel Canzoniere petrarchesco, da una coppia petrarchesca come mi getto, e grido (CV 79 et taccio et grido; CCLXX 96 piango et grido; CCCLX 48 alzo et grido) permette di passare a un ritmo ternario di verbi, mi getto, e grido, e fremo, non meno alfieriano dell'interiezione: si pensi per esempio ai giambi che parlano della disperazio227
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