costante e, secondo il codice fallico, viene a mancare il momento della recettività e la disponibilità ad assumere valori diversi a seconda della posizione e del contesto. Il fallo non conosce sesso: maschio per la cui seduzione (condurre a sé) la donna fa parte, femmina di cui fa parte l'uomo, in funzione materna. È dunque al sentimento di essere il fallo materno o paterno, più che alle emozioni del divorare, indicate da Lewin, o a quelle connesse con la ritenzione e l'espulsione anale, rilevate da Abraham, che deve riconnettersi l'euforia. Il fallo viene ad essere l'individuo nel suo volume eretto, stilizzazione della figura umana, derivato dal feto membro materno o paterno, che pur nella distanza resta unito al corpo del genitore potente attraverso un legame libidico costituito essenzialmente dalla captazione dell'attenzione del genitore, che ne ammira e ne garantisce l'erezione. Una fonte di comprensione è lo studio della femminilità, che indica come la paura di castrazione, che Freud riconnette con la percezione dell'assenza di pene nella donna, discende dalla paura della rottura·del legame in cui l'individuo si sente sorretto, o realmente si erige (acquisendo complesse capacità funzionali) in quanto fallo del genitore a cui questi presta la sua attenzione ammirata ed approvante. Sulla stessa linea l'euforia dell'identificazione fallica potrebbe essere, per la Mahler, caratteristica del periodo della prima motilità e della deambulazione, ed una riedizione si ha, per la Jacobson, nell'epoca della pubertà e dell'adolescenza, connessa al sentimento di possedere doti o funzioni capaci di far superare l'angoscia di abbandono; questo permette di agire attivamente l'abbandono dell'oggetto, per l'avvenuta identificazione e nella fiducia di «un'avventura amorosa col mondo» (Mahler) in cui possano essere ricuperate e potenziate le gratificazioni che l'oggetto forniva. Un esempio kafkiano aiuta a vedere con precisione questa irrefrenabilità e questo trionfo fallico, che può disor208
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