Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

duzione e identità: a che cosa corrisponde (oltre che naturalmente a se stesso)? La nostra esposizione, come s'è capito, va dal momento oggettivo al momento soggettivo. Essendo anche una storia d'investigazioni, le sorprese non sono da escludere; m'a facciamo valere l'opportunità pedagogica, dicendo che non sappiamo se ce ne saranno. Possiamo invece permetterci subito una congettura sulla traccia. Non c'è da elaborare un metodo e un progetto di lavoro; abbiamo di fronte diversi metodi, diverse e contrastanti opinioni e infiniti restauri, e dobbiamo cercare o comporre in questa varietà un testo che ci porti a vedere come e in che misura è possibile-se è possibile-restaurare o ricostruire un altro testo, che cominciamo a chiamare archetipo e poi, se potremo e oseremo procedere, avvicinandoci alla mitica «volontà dell'autore», alla sua seritturaperduta, chiameremo originale. A imporci la distinzione e dunque i nomi è il fatto che quello che si ricostruisce è un testo corrotto. L'archetipo risulta dal vaglio dei manoscritti o delle stampe dell'opera che contengono redazioni diverse; ma tra questo oggetto e l'originale si apre, nello stesso testo, una distanza forse fascinosa quanto incolmabile. È la filologia più accreditata ad avvertirci: «È opportuno riservare il nome di archetipo all'oggetto ricostruito, cioè l'antenato comune all'intera tradizione, in quanto distinto dall'originale perché già corrotto» 1 • Non si ricostruisce dunque l'originale, ma il testo che lo awicina continuamente; in questo testo scorgeremo la lettera che sta-può stare - al posto dell'autografo perduto sempre attraverso un mobile margine di cautele e di riserve, un gioco minuto di probabilità, magari anche attraverso la provocazione e il gusto delle variazioni. E sarà questo testo il momento della declinazione soggettiva del restauro. 81

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