Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

re, supporti, cornici - dovrà essere riportato alla contemporaneità perché l'interprete è sempre contemporaneo, quello antico come quello moderno; per cui è pretestuoso rispettare l'intervallo come vuoto, come assenza d'interpretazione. E nello stesso tempo, il concetto di scarto, sempre all'interno di un intervento di restauro, dovrà significare la possibilità di falsificare nel segno di una rielaborazione resa necessaria dalle diverse condizioni di uso e di funzione dell'opera rispetto al suo tempo. Non è un inno all'anarchia progettuale questa riflessione; vuole essere soltanto un avvertimento cognitivo perché è impossibile sperare nell'immacolatezza dell'autentico, anche quando soltanto una parte dell'autentico viene a mancare. È meglio essere consapevoli, prima di ogni traduzione e riscrittura, del fatto che una liberazione dai vincoli costringe il progettista, il nuovo autore a fare i conti con i problemi della falsificazione, per non cadere poi in una falsa oggettivizzazione. Attraverso la liberazione senza precedenti di forme, linee, colori, concezioni estetiche, attraverso il missaggio antropologico di tutte le culture e di tutti gli stili, la nostra modernità ha prodotto un'estetizzazione generale, una promozione di tutte le forme di cultura, un'assunzione di tutti i modelli di rappresentazione e di anti-rappresentazione. Se l'arte è sempre stata un'utopia, cioè qualcosa che sfugge alla realizzazione, oggi questa utopia è pienamente realizzata: attraverso i media, l'informatica, il video, tutti sono diventati creativi in potenza. Anche l'anti-arte, che è l'ultima in ordine di tempo e la più radicale delle utopie artistiche, si è trovata realizzata da quando Andy Warhol ha desiderato di diventare una macchina e da quando Duchamp ha eretto il suo scolabottiglie ad oggetto sacro. Tutta la macchineria industriale si è trovata estetizzata, tutta l'insignificanza del mondo trasfigurata dall'estetica18 • 219

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