Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

Il restauro è sempre una nuova normalizzazione e in questa sua capacità di operare nel profondo delle strutture dell'opera d'arte, in quanto il passato viene.sempre assunto come perimetro entro il quale intervenire, inventa un'altra forma nella piena autonomia espressiva e linguistica; il rigore filologico delle scelte deve costituire le regole del gioco, mentre, se il restauro vuole produrre un nuovo significato intorno a un'opera evenemenziale giunta a noi incompleta, le regole del mutamento linguistico sono dettate dalle capacità interpretative del restauratore. Altrimenti l'opera rimarrebbe muta nella sua incompletezza configurativa; o al massimo, il riempimento dei vuoti sarebbe il risultato delle singole pulsioni a completare l'immagine. E questo sì, sarebbe come abbandonare alla soggettività frammentaria ciò che invece deve mantenere una sua unità, anche se ciò è possibile solo artificialmente. Artificialmente nel senso di indicare e prefissare alcune risposte che hanno le proprie radici nella cultura materiale dell'artista e dell'opera in questione, per evitare tutti quegli errori imputabili più che a una scorretta contestualizzazione, alle sue conseguenze interpretative lasciate alle libere tensioni estetiche e semantiche di qualsiasi lettore; altrimenti l'orizzonte delle risposte prefissate viene oltrepassato dalle domande liriche in senso stretto, tra le quali si può annoverare, secondo un ordine di complessità crescente: domande che lasciano la risposta provocatoriamente in sospeso; domande che in luogo di una risposta pongono una controdomanda; domande che rispondono implicitamente a se stesse, cioè che sono nello stesso tempo domanda e risposta; domande ironiche che implicano il contrario di ciò che chiedono; domande assurde, dove è necessario portare alla luce le premesse sottaciute per dare un senso alla loro contradditorietà16 • 217

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