Mitologia, allegoria sono modi di rappresentazioni a cui uniformarsi per riportare l'artefatto a un uso antico, ma il tempo e le attese degli interpreti attuali non possono essere ricondotti meccanicamente all'attività simbolica degli antichi. I pasticci di cui parla Alessandro Conti potrebbero essere, invece, atti di percezione e di valutazione e di riconoscimento, così come li definisce lo stesso Bourdieu, cioè rappresentazioni mentali che si traducono poi in cose: ma le cose, in questo caso, appartengono, a tutti gli effetti, alla storia e alla specificità degli artefatti collettivi, anche quando questi sono giunti a noi, parzialmente o totalmente, riprogettati. L'artista, il pubblico, l'opera d'arte, il contesto, le rappresentazioni mentali, il nuovo parco di oggetti che costituisce il sistema di riferimento nell'interpretazione posteriore, il nuovo patrimonio simbolico e i nuovi codici d'entrata; tutto questo insieme di disturbi non deve essere giudicato come non appartenente all'opera, quasi esistesse una sorta di zona franca nella quale il potere della verità del restauratore, come archeologo puro, possa presentarsi come l'unica fonte di conoscenza e quindi d'intervento legittimo. Anche il restauro è un'attività da ricondurre all'interno del nuovo rapporto che si è stabilito tra il pubblico e la fruizione dell'opera d'arte: Seguendo l'evoluzione di questo fenomeno nel1'arco di tempo che va dal suo primo manifestarsi a oggi, mi sembra che vi si possano distinguere tre fasi, che si configurano come dominate da altrettanti problemi prevalenti: 1. Il rapporto tra le arti e l'educazione popolare (dall'apertura dei grandi musei, nel secolo XVIII, alle prime battaglie per l'arte indipendente). 2. Il divorzio tra artista e pubblico, dal rifiuto dell'impressionismo all'affermazione delle avanguardie storiche. 3. Il nuovo status del pubblico delle arti visuali dopo il trapasso dalla condizione di pubblico di 213
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