Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

nenza), cioè le rappresentazioni che gli agenti sociali si fanno delle divisioni della realtà e che contribuiscono alla realtà delle divisioni. Gli studiosi, infatti, non ottengono migliori risultati quando, rinunciando alla distanza dell'osserv?ttore, si assumono la responsabilità della rappresentazione degli agenti, in un discorso che, a meno di procurarsi i mezzi per descrivere il gioco nel quale si produce questa rappresentazione e la fede sulla quale è fondata, non è altro che uno dei contributi alla produzione di una fede, che si tratterrebbe di descrivere nei suoi fondamenti e nei suoi effetti sociali 9. Già nel Cinquecento, nell'ambito del restauro dèlle sculture antiche, si operava sempre in bilico tra necessità soggettive e condizioni oggettive, attraverso le quali si mirava, soprattutto, a produrre un effetto di fede, nel senso di un sentimento di appartenenza: è proprio in questo orizzonte culturale che si delinea la differenza tra la pratica del restauro, qui appena definita, e un atteggiamento di riuso: 212 C'è una fascia di sculture destinate ad accompagnare l'architettura di ville e palazzi il cui restauro diviene un fatto di routine e, soprattutto a Roma, dove è facile reperire frammenti antichi, si decorano facciate, cortili e prospetti con statue ottenute, spesso, mettendo insieme pezzi di varia provenienza; in questa area di sculture usate per la decorazione o per l'inserimento nei giardini si realizzano quei pasticci di frammenti di cui nessuno ignora la reciproca estraneità. Una norma che si è andata affermando nel corso del Cinquecento distingue ormai decisamente il restauro, per quanto libero ai nostri occhi, dall'antico riuso; ed è quella di recuperare sempre per le statue antiche un soggetto tratto dalla mitologia, dalla storia greca e romana o di restituirle come figure allegoriche10.

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