Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

da di un mobile, su una lastra di acciaio o di plastica speculare. Guardarsi negli occhi era riflettersi o perdersi. Immagini arrivavano anche dalla fissità dei dipinti dei disegni delle sculture delle fotografie e dalle figure in movimento dei film degli spettacoli teatrali e musicali, da uno schermo televisivo eccetera. Tutte presenze da schivare o da cercare. Certamente non si potevano ignorare. Ancora doppi passaggi. Le immagini che parevano fisse potevano animarsi e quelle animate fermarsi; il colore poteva diventare bianco e n,ero, il bianco e nero colore. Il colore variava a seconda dei toni cromatici che venivano usati. I colori si modificavano tra loro e attraverso la luce. Il bianco e il nero aveva una sua essenzialità: creava lontananza. Nelle statue l'essenzialità pareva racchiusa nella materia evidenziata dalla luce che veniva dall'esterno. Nei film nei dipinti nelle fotografie nelle immagini della tv a questa luce esterna si aggiungeva quella già catturata dentro le immagini. Le immagini di un film o di un quadro o le fotografie di uno stesso autore risultavano fra loro omogenee perché attraversate dallo stesso sguardo di chi le aveva realizzate, non così quelle di una trasmissione televisiva in presa diretta: immagini di guerra senza parole penetravano, una voce che vi scorresse sopra creava distacco. Le prime potevano sommare un racconto dell'oggetto e del soggetto quelle televisive offrivano una diversa possibilità di uso. Si potevano guardare più schermi televisivi accesi contemporaneamente sullo stesso canale e sui canali diversi: premendo un pulsante più immagini si potevano miscelare tra loro. Le immagini della televisione si potevano vedere al buio come quelle dei film, o altrimenti 201

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