tanimali) e animali veri e propri, quindi accostati a ogni altra sorta di esemplari e portati a spasso per l'intero museo. Spallanzani affermò la natura animale di questa «produzione»: «per lungo tempo è stata considerata una pianta, dopo che un celebre naturalista italiano si avvisò d'aver trovata la corteccia de' coralli adorna di fiori. Ma questi fiori espiati con oculatezza maggiore si convertirono in polipi, e quindi il corallo fu giudicato un lavoro di questi animaluzzi, e però fu chiamato poliparo, a quella maniera che un nido di vespe vien detto vespaio. I polipi (...) hanno sussistito ma il preteso lavoro è interamente svanito. Il corallo non è un poliparo, ossia un nido di polipi, ma ci fa realmente corpo co' polipi che concorrono alla sua formazione. Ogni polipo fa corpo con una specie d'invoglio per via di membranose, o gelatinose produzioni, che ben presto s'incrostano di una specie di tartaro, o di creta, e appoco appoco divengon dure». Perciò il corallo veniva spostato in un armadio dei Vermi, ma il conservatore non aveva alcuna certezza d'aver compiuto l'ultima fatica. Il criterio museologico che s'era finalmente imposto, finita l'epoca delle «camere delle meraviglie», buone solo per i «curiosi» della natura, sembrava quello scientificamente più corretto e didatticamente più efficace: «seguendo l'ordine numerico progressivo degli armadi, il visitatore trova il materiale scientifico che si svolge ordinato metodicamente come i capitoli di un libro» (Alfredo Iona). Tuttavia si era ben lontani da un accordo sull'«ordine metodico» (il «sistema») veramente naturale e Spallanzani aveva un bel daffare a cercar di convincere che «il metodo da me tenuto nel classare e ordinare i prodotti naturali l'ho preso dalla Natura stessa»: il libro della natura veniva, di fatto, continuamente riscritto e il museo andava, di conseguenza, continuamente riordinato. Libri e musei... È possibile «leggere» questi come si leggono quelli? Forse sì, ed è un'idea suggerita dalla stessa 205
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==