monianze sicure dell'esistenza di un piano provvidenziale della natura entro il quale era lecito aspettarsi che una specie (l'ape) cooperasse con l'altra (l'orchidea) al fine di assicurare la fecondazione di quest'ultima. Grandi naturalisti come Linneo, e altri meno noti ma acutissimi osservatori come Christian Konrad Sprengel, concepivano il mondo vivente come una trama continua di relazioni interorganiche del tipo delineato. Erano relazioni del genere che davano sostanza e credibilità all'immagine di un'intrinseca armonia della natura. Un'armonia che, come essi non dubitavano, doveva celarsi anche dietro i fenomeni pur evidenti di distruzione o spreco di individui e risorse. Sul finire del Settecento Immanuel Kant, in un'opera fondamentale che tuttavia non ebbe ripercussioni immediata fuori dalla Germania, aveva sottoposto a un'analisi puntuale l'idea di un ordine finalistico della natura. Egli aveva concluso che, mentre era lecito concepire in termini di mezzi e fini i rapporti tra le diverse parti di uno stesso organismo, non altrettanto poteva dirsi delle relazioni tra gli organismi o tra le diverse parti della natura. Indipendentemente dalla riflessioni kantiane, negli anni '40 dell'Ottocento Charles Darwin maturò la convinzione che una teoria evoluzionistica quale quella che egli si accingeva a proporre avrebbe, tra le altre cose, dissolto l'antica immagine di un ordine finalistico delle relazioni interorganiche. Nel caso specifico dei rapporti tra fiori e insetti la nuova spiegazione poggiava su alcune tesi di fondo, che merita di considerare in dettaglio. La prima riguardava le motivazioni, per così dire, che spingono gli insetti a visitare i fiori. Le spiegazioni settecentesche, si è detto, supponevano che gli insetti fossero esecutori inconsapevoli di un piano preordinato: essi semplicemente rispettavano un copione fissato dal grande regista della natura. Darwin pensava invece che gli insetti fossero spinti dal228
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