Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

che tale situazione sia avvertita come un conflitto lacerante. Alla conflittualità invece - la più esasperata, quando non è efferata - assistiamo su altri fronti (Libano, Iraq-Iran, America Latina; lotte un po' ovunque all'interno, esplodenti e spente, quasi mai risolutive), per i quali fronti il ricatto atomico funziona nello ste' sso tempo da deterrente e da scatenante. In altri termini, dacché e laddové i dogmi dell'ideologia e della religione hanno perso forza mobilitatrice e funzione discriminante, pare profilarsi questo strano fenomeno: il diffondersi dell'indeterminatezza massima, convivente con la dittatura dell'atomica che tutto determina (già coi suoi costi, prima ancora che con il suo incubo). Proprio un quadro di doppiezza non vissuto come contraddittorio. La sensazione semmai più diffusa è quella di vivere in istato di sospensione. Con l'identificare l'Io «granulare» della personalità ambigua, Bleger ne evidenzia la regressività ed il primitivismo. Ma non è tutto. Esattamente come gli assunti di base di Bion non si esauriscono nella protocoltura, ma sono anche anticipazione di neoculture. Il regredire ad uno stadio agglutinato in cui le scelte non sono ancora state compiute - per difetto di �apacità discriminativa - prepara anche la possibilità, con un passo ulteriore, di scelte altre, necessarie e mai effettuate prima. Crea - nell'apparente confusione - le premesse a che l'intentato dalle generazioni passate diventi il tentabile della generazione presente. In una parola potremmo vedere, come Kandinskij, nell'ambiguità parossistica dell'era atomica il tempo della germinazione da cui scaturirebbe l'opera nobile - personale e sociale - che dice «Sono qui». Altrove l'ho chiamato tempamore. Ha abbandonato la vecchia base dell'aut-aut per raggiungere quella nuova dell'e. Con ripercussioni al di là dei limiti dell'arte. «Sono qui». Cioè al presente. Io sostengo che la socioanalisi - la disciplina che coltivo - è presentista. Ed il presente è anche il tempo dell'individuo comunista, se sa uscire dalla gabbia ideologica del commissario politico senza proporsi salti catastrofici nel futuro. Davydov nel capitolo «La necessità della libertà di ciascuno» (cfr. Il lavoro e la libertà -: Una teoria della. società comunista) dice: «Se ricordiamo che nella società capitalistica il capitale fisso è il lavoro passato, il lavoro reificato, mentre il valore del242

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==