'termine' alla storia...». Il processo, perciò, non è di causa-edeffetto, ma di sfida-e-risposta (Toynbee). L'ultimo che ho letto è un passo del mio «Soliloquio sul poeta come politico» (apparso in «Psicoterapia e scienze umane», 1984, n. 20). Lo scrivevo nei giorni in cui Reagan decideva di fabbricare la bomba N e Breznev minacciava la ritorsione adeguata. Sfide e risposte, queste, dell'arroganza e della paura. Ce ne servono altre, quelle inventate dalla fiducia, che il poeta conosce quando vuol salvare l'arte e il mondo ("Poeticamente abita l'uomo", dice Heidegger). Silvia Amati nel saggio segnalato più sopra, rifacendosi alla teoria dello psicoanalista argentino José Bleger sull'ambiguità e la simbiosi che ci parla di una indifferenziazione primaria, dove tutte le possibilità creatrici si trovano potenzialmente nell'Io, ma anche l'inerzia più tenace, l'Amati - dicevo- s'interroga da psicoanalista e da cittadina del mondo se in questo stato di ambiguità non vi siano e l'esplicazione del nostro adattamento passivo e il germe capace di farci uscire dall'impotenza. Riducendola a questo poco so di sciupare la pagina di una cara collega. Vi invito a leggerla per esteso. È successo un fatto curioso - di questo voglio parlare - e che cioè a sua insaputa, benché fossimo a contatto, ho scritto a mia volta (per la rivista «Quaderni di psicoterapia di gruppo» continuando una riflessione psicologica sull'atomica) l'articolo «Ambiguità, sentimento del tempo». L'ambiguità alla Bleger, che non va confusa con l'ambivalenza, consiste nel vivere simultaneamente- senza avvertire conflittualità né contraddizione - sentimenti contrapposti. Un esempio spicciolo ce l'ha appena fornito - a proposito del caso Andreotti - Bobbio, votando da neosenatore sia la mozione di maggioranza sia la mozione comunista. In quell'articolo mi domandavo: l'ambiguità -così concepita -non ci aiuta a cogliere l'affetto pervadente l'era atomica? Dacché le ideologie contrapposte non forniscono più una risposta convincente ed hanno anzi lo stallo precario dell'equilibrio del terrore (un'altra ambiguità: equilibrio e terrore), per cui coesistono - ecco l'essenza della politica della coesistenza- nelle coscienze degli individui e nelle previsioni dei governi, con eguale peso, la probabilità e la improbabilità dello sterminio nucleare. E senza 241
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