di fuori del mondo civile, alla guerra fra i barbari. Un elemento di violenza originaria da ricondurre alle manifestazioni istintuali viene riconosciuto da von Clausewitz, il quale tuttavia sostiene che «la tendenza alla distruzione dell'avversario insita nel concetto di guerra, non è stato stornato o alterato dal progresso civile»13 • Quando la guerra si trasforma in lotta a morte, in annichilimento del nemico ed assume il tono di gara reciproca tendendo teoricamente all'estremo, rivela in modo evidente la sua piega di vortice istintuale. La rappresentazione geometrica proposta da Imre Hermann dell'istinto di aggressione come un gorgo vitale che provoca un movimento centripeto14 sembra confermata dal restringimento degli spazi che ogni conflitto bellico ha comportato per i popoli coinvolti o dal restringimento delle idee e delle capacità di giudizio manifestatosi nell'annebbiamento delle intelligenze, che nei giorni della grande guerra tanto addolorò Freud. Il concetto di discordia (stasis) e quello di guerra (polemos), secondo il pensiero di Platone, vanno distinti, perchè mentre «l'uno implica qualcosa di affine, di consanguineo, l'altro qualcosa di alieno e di straniero»15. La discordia che affiora in ogni relazione affettiva stretta si presenta come conflitto di ambivalenza, cioè come un misto di sentimenti amorosi e di animosità verso l'oggetto d'amore. Se originariamente la discordia è per, e si manifesta contro, qualcosa di consanguineo, l'oggetto di ostilità sarà rappresentato inizialmente dai fratelli e in seguito la rivalità si sposterà verso il genitore dello stesso sesso. La trasformazione del conflitto in guerra aperta, in lotta fratricida, in faida familiare, da sempre ha comportato l'adozione delle più crudeli ed estreme manifestazioni di violenza, facendo avvicinare la guerra alla sua forma pura. La deviazione nella meta di questi moti pulsionali aggressivi evita la loro esternazione violenta e «l'affetto spunta là dove l'aggressione comincia a manife202
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