Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

- conclude Freud - dopo avere attraversato tutte le stratificazioni psicologiche «troviamo al termine della nostra attività»; «Ed è probabile che sia così, giacché per il campo psichico, quello biologico svolge veramente la funzione di una roccia basilare sottostante».18 Ci pare possibile a questo punto tentare di individuare a quale momento o aspetto della teoria analitica si è appuntata la ripresa di quella sfida alla durata della terapia analitica che, già di,Ferenczi e Rank (1919-1925), è proseguita con Alexander e French (1946) per giungere con M. Balint, Ornstein, E. Balint, (1971) sino ai nostri giorni; il testamento di Freud individua ed indica un «sintomo» della psicoanalisi di cui, a nostro avviso è possibile cogliere la presenza oltre che nel campo delle psicoterapie brevi, anche nell'orizzonte teorico kleiniano proprio là dove il momento che suggella la fine dell'analisi, l'uscita dal lavoro analitico, coincide con un atto nella «realtà sociale» alla quale un «soggetto» può ritornare dopo che, sul filo dell'interpretazione, il suo cammino ha tentato di districarsi «in quell'aura sanza tempo tinta,/ come la rena quando turbo spira»19 quale è quella che regna negli stati psichici preedipici. «È tempo di riflettere». Con questa espressione Freud apre l'ottavo capitolo di Inibizione, Sintomo, Angoscia. «Evidentemente - continua - noi cerchiamo una formula conclusiva circa l'essenza dell'angoscia, un aut aut che separi, al riguardo, la verità dall'errore. Ma la difficoltà sta proprio nel fatto che non è semplice definire l'angoscia»20 • Non è semplice, ci pare dica Freud, dare un luogq all'angoscia, tanto più potremmo aggiungere, se i mezzi coi quali si cerca di combatterla, i mezzi teorici in questo caso, sono strutturalmente correlati ad una difesa contro di essa (pensiamo alla funzione dell'impianto teorico delle psicoterapie o, come abbiamo visto, dell'analisi stessa); è forse in relazione a quest'ultimo aspetto del nostro discorso che ci piace concludere col «monito», con le parole, che S. Kierkegaard usa nella Introduzione a Il concetto dell'angoscia: «Che ogni problema scientifico abbia, nel grande campo della scienza, il suo posto determinato, la sua misura, il suo limite [...] corrisponde [...] all'interesse di ogni indagine speciale, perché questa, col dimenticare dove è il suo posto, nello stesso tempo [...] dimentica se stessa, diventa un'altra, acquista una capacità 214

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