Il piccolo Hans - anno XIV - n. 55 - autunno 1987

«cristallizzazione» della mobilità del pensiero. Ci era piaciuto così, allora, sospendere il cammino tracciato, prendere un po' di respiro dinnanzi al compito che stava là, per così dire, sospeso alla possibilità di analizzare i due fili di ciò che avevamo definito l'effetto perverso del testo sul lettore da un lato e la dimensione pacificante, quasi catartica in senso aristotelico dall'altro, della rappresentazione sulla scena; oggi, in qualche modo «reduci» da un altro viaggio, quello che, attraverso Il mistero di Mister Meister13 ci ha condotti a visitare la «Scena e teoria della perversione»14 sino a giungere di recente al punto di snodo epistemologico del «luogo della fobia»,15 oggi, dicevamo, riprendendo il momento dell'interpretazione lo vediamo retto da quella dimensione dell'agire dell'atto che allontana paziente e terapeuta dal «luogo della fobia» come spazio per pensare; lo vediamo, ancora, «compromesso» implicitamente con una condizione di pensiero che esorcizza costantemente l'angoscia rappresentata dalla dimensione temporale-crono-logica della terapia; la psicoanalisi attiva di Ferenczi non sfugge visibilmente, attraverso «l'atto» allo scivolamento sulla china della perversione; quella di Balint si misura, nella sua prepotente spinta teorica, con la condizione della psicosi; non è un caso, forse, che la conclusione della terapia del Signor Baker sia suggellata da degli scritti, delle lettere ed in particolare con la lettera del medico curante, amico del paziente ed ispiratore della necessità di una psicoterapia piuttosto che di una psicoanalisi; (pensiamo al Presidente Schreber, al caso «Aimée»). Come valutare quindi il fattore tempo che ci appare ora come «la forma elementare»16 delle psicoterapie? È a questo punto che ci sentiamo di riandare a quello che Lacan ha definito il testamento di Freud, a Analisi terminabile e interminabile; quest'opera ci appare infatti sospesa ad una duplice sottolineatura del fattore temporale; quella cioè con cui, all'inizio, è sottolineata la caratteristica degli sforzi tesi ad accorciare la durata dell'analisi, intesi come «un residuo del disprezzo e della impazienza - dice Freud - con cui la medicina dei tempi addietro aveva considerato la nevrosi alla stregua di conseguenze gratuite di danni invisibili»17 ; e l'altra, a conclusione dell'opera, in cui il tempo, il fattore temporale, come dicevamo, traspare nella dimensione di quella «roccia basilare» che 213

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==