spazio? Uno spazio che sta per «da qui a che divenga manifesta», se diverrà manifesta. Tant'è che in medicina «latente» è il nome dato ad alcune malattie la cui diagnosi sia allo stabilirsi, difficile e oscura, richiamandoci alla mente «quel periodo di incubazione» che, avvicinando il problema della nevrosi traumatica a quello del monoteismo ebraico, fece alludere Freud, appunto, «a quel carattere che si potrebbe chiamare latenza»39 • Ci si potrebbe, ad esempio, chiedere se la teoria «divenuta» di Melanie Klein abbia conser:vato, al suo interno, lo spazio necessario per dirsi latente. Iniziamo proprio dallo spazio. Già si pongono limiti allo spazio mentale al pensiero, in una costruzione dell'apparato psichico, la cui genesi e struttura si modellino su un'attività corporea. «Con lei [Klein] - scrive Pontalis nel '65 -la dimensione fantasmatica e il riferimento a un limite corporeo diventano fondamentali: gli oggetti vengono introiettati proprio all'interno di un corpo fantasmizzato e sono proiettati fuori di esso, particolarmente nel corpo materno; ricettacolo eterogeneo di oggetti parziali terribili o invidiabili. [...] L'immaginario kleiniano - nota ancora l'autore -è letteralmente inviluppato in un gioco di opposizioni binarie: al livello delle categorie implicate - buono/cattivo, interno/esterno; al livello delle operazioni -introiezione/proiezione: al livello delle modalità di oggetto - parziale/totale. La complessità, la dipendenza e la ricchezza della vita fantasmatica sono semplici apparenze che si sviluppano in una specie di circolarità limitandosi a combinare tra loro due termini»40 . «Lo spazio - nota Sergio Finzi - priormente cosificato si frantuma (in Klein) negli oggetti parziali». Poco prima aveva scritto come i concetti di proiezione e introiezione si riferissero, nella concezione di Klein, a un interno e a un esterno «senza sorprese».41 Uno spazio che nella visione critica dei due autori si chiude e - aggiunge Robert Barande - «ci mostra il suo [di Klein] pensiero chiuso in 213
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