nell'altro, (Petot), la medesima accezione di teoria latente, struttura il famoso «proto-sistema» kleiniano.34 Quando Freud si avventurò sul terreno delle teorie latenti incontrò gli ingarbugliati pensieri dei bambini sulle teorie sessuali e, nel 1908, ne scrisse un piccolo saggio.35 Molti dei successivi scritti freudiani, dall'Uomo dei topi a quello dei lupi, al Leonardo, alle lezioni di introduzione alla psicoanalisi del '15, sino al più tardo Analisi terminabile e interminabile del '37, riprendono il breve lavoro senza lasciare adito a fraintendimenti. Le teorie latenti di cui parla Freud e che definisce «spontanee»36 non sono misticamente possedute dall'inconscio del bambino, bensì si basano sulle pulsioni sessuali e sono costruite «in armonia e conformità con la loro incompleta organizzazione libidica».37 Esse cadono, poi, sotto la rimozione38 . Lontani da questa accezione freudiana di teoria latente, gli attuali sostenitori di un «sapere dell'inconscio» producono uno spostamento nella questione relativa al «fare» un analista più in direzione della vocazione che non verso quella della formazione. «Dopo tutto ero inesperta - riflette Klein - non conoscevo neppure le mie capacità e dovevo scoprire la mia strada attraverso l'intuizione. Mi è stato spesso chiesto come me la cavassi per portare a termine le analisi dei bambini che intraprendevo in modo poco ortodosso e spesso all'opposto delle regole stabilite per le analisi degli adulti. Sono ancora incapace di rispondere come è possibile che io abbia sentito di dover raggiungere il nucleo dell'angoscia e perché ho agito come ho agito, ma con l'esperienza ho capito che avevo ragione» Il quesito che si pone è di difficile so�uzione. Se il termine latente, ritornando al linguaggio comune, si riappropria non solo del concetto di tempo ma anche di quello di spazio che gli è implicito, possedere una teoria «spontanea» coincide con il costruire una teoria? Oppure c'è uno 212
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