zione alla professione di psicoanalista», gravi norme restrittive per chi medico non lo era. Presso il Policlinico di · Berlino tre punti rendono sostanzialmente, in ambito teorico-clinico, lo psicoanalista laico di second'ordine: 1) le diagnosi e le relative indicazioni saranno concordate con uno psicoanalista medico; 2) le psicosi e i casi limite psichiatrici, non potranno essere trattati dai laici, 3) le psicosi con complicazioni organiche e i casi limite organici saranno trattati unicamente dagli analisti medici. Gli psicoanalisti dei bambini soggiacevano a «regolamenti speciali», e rimanevano, in effetti, sotto tutela, come i loro piccoli pazienti. Non casualmente le due prime analiste per bambini non avevano, non solo la laurea in medicina ma nessun altro titolo accademico, ma la loro «attitudine». Sebbene possedessero entrambe (Klein e Scott) una specificità, non figurarono mai né come relatrici né, tantomeno, come insegnanti nei seminari di studio e di formazione che, a partire dal 1921, si tennero regolarmente presso il Policlinico.30 • · Inizialmente il Policlinico era tenuto in vita dalla passione e dalla dedizione totale di Eitingon, Simmel e Sach. In un ambiente disegnato da Ernest Freud, lavoravano sino a 14 ore al giorno. Munito anche di una piccola biblioteca, le stanze per i trattamenti erano però solo cinque. Insufficienti, «il nostro lavoro necessita di più e più spazio...» scrive Eitingon nel suo resoconto.31 Successivamente si aggiunsero altri analisti: il Dr. Liebermann, il Dr. Boehm, il Dr. Muller, il Dr. Horney e «più tardi Melanie Klein, che accettò molto di buon grado di spostarsi da Budapest a Berlino».32 In questa cornice indaffarata Melanie Klein diventa Melanie Klein. E questo è il punto: ma si insinua un dubbio. Non lo è sempre stata? Si interroga D. Anzieu che propende, come Jean-Michel Petot, per un «sapere dell'inconscio» che nell'un caso (Anzieu) conduce a ipotizzare una teoria manifesta costruitasi sul latente dell'autrice (teoria latente)33 211
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