Il piccolo Hans - anno XIV - n. 54 - estate 1987

llO anni. È rimasta in me sempre com'era prima della morte». In un rapporto che la figlia lascia intuire come di privilegio si incastona un modello di madre ideale: «Mia madre era buona, più buona verso di me perché io ero piena di vita e comprensiva. Il suo amore immenso e l'interesse che aveva per l'arte, per la cultura e nei confronti del bello sono stati in me molto più importanti di quanto mi sia pervenuto da mio padre[...] Le mie relazioni con mia madre sono state tra le più stabili della mia vita. L'amavo profondamente, ammiravo la sua bellezza, la sua intelligenza, il suo intenso desiderio di conoscenza. Ma certo avevo in me, come tutte le figlie, un sentimento di gelosia». Una foto «fine secolo», dove i tratti somatici parlano innegabilmente di madre e figlia mostra Melanie e Libuhsa mentre si scambiano un sorriso affettuoso. Ma- destino della fotografia- la negativa inverte il nero col bianco e scopre un resto difficile da colmare. «Ero la più giovane di quattro figli, poiché la maggiore Emily, aveva sei anni più di me, mio fratello cinque e la terza, Sidonie, quattro. Non ignoravo - e mia madre me lo ha in seguito confermato- che non ero attesa[...] Mia madre aveva nutrito al seno i suoi tre maggiori, ma io ho avuto una balia asciutta che mi dava il biberon ogni volta che lo chiedevo». Le note autobiografiche appartengono proprio alla teorica degli impulsi sadici, del corpo frantumato in oggetti parziali, dell'amore odio e riparazione, dell'invidia del seno, del lutto, della memoria confusa al ricordo e, come le rimproverava Winnicott, del precoce confuso al profondo, e ci rammentano che sul rapporto madre/bambino, sull'invidia, la gratitudine e la malinconia si poggiò la sua ultima e più matura riflessione. E che quanto Melanie Klein ha concettualizzato negli scritti teorici sia passato attraverso la sua storia, è una possibile lettura interpretativa delle stesse note autobiografiche. 204

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