Voyelles Se Baudelaire, con la teoria delle correspondances, aveva dato alla medievale universalis analogia e alla fourieriana analogia tra colori e sentimenti la scansione di un tempo interiore, privilegiando il movimento che dal profumo porta verso il ricordo, Rimbaud, con Voyelles, muovendo. proprio dalle baudelairiane correspondances, fa dell'analogia il teatro del «voyant» dove lampeggiano immagini, un teatro aperto, da quel momento in poi, a tutte le frequentazioni delle poetiche, a tutti i giochi della visione. Così le vocali tornano a diventare emblema del tempo poetico, nel momento in cui si pronuncia, con «il faut etre absolument moderne», la fine del tempo poetico. Ma dal bianco che circonda, sulla pagina, Voyelles, partono tutti gli esercizi con cui l'immaginazione declina il suo alfabeto di sogni. Ed ogni esercizio non è che un commento, un appunto al marg�ne, di quei versi. Nel nero dell'A le notti stellari che nominano, in una loro musica, l'abisso che le separa dai fili d'erba. Nel bianco dell'E un corteggio di pensieri: falene intorno al ricordo di un giorno staccato dal calendario. Nel rosso dell'I mantelli sdruciti di sovrani, teatrini su cui barcollano giorni felici mai vissuti, dialoghi di animali nella luce lunare. Nel blu dell'O cori salmodianti al mattino su nude balze, rotolare di mondi verso un'impossibile rinascita, scaglie di luce che dal caleidoscopio corrono verso il mare e dal buio delle palpebre cercano l'ombra meridiana d'una palma. Nel verde della U cammini sepolti sotto i cespugli, volo d'uccelli sullo specchio di torrenti, melodie che, prima del sonno, separano un pensiero dall'altro. Nell'abbecedario colorato dell'infanzia le vocali invitano ad una lettura del mondo; all'infinita lettura del 235
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