Il piccolo Hans - anno XIV - n. 53 - primavera 1987

to immediato de' suoni vocali, nella ricerca de' suoni elementari; e questo per lo contrario fu quello che impedì e dovette naturalmente impedire la prima analisi della favella, di arrivare sino a questo punto. Le vocali furono considerate come suoni inseparabili dagli altri suoni articolati; come suoni quasi inarticolati; come parti inesprimibili della favella, parti sfuggevoli, e incapaci d'esser fissate nella scrittura, e rappresentate separatamente col loro segno individuale... (1286,7 luglio 1821). La resistenza delle vocali alla rappresentazione grafica attiene soltanto al fenomeno della scrittura, e non toglie nulla al fatto ch'esse siano davvero la «sostanza» delle antiche lingue, le quali infatti «abbondano di vocali più che le nostre». Tutti gli eruditi sanno che... le vocali in dette lingue sono per lo più variabilissime, incertissime, e bisogna impazzire per ridurre sotto regole (suddivise in infinito) quello che loro appartiene (1288,7 luglio 1821). Leopardi, proseguendo, attribuisce all'assenza dei segni vocali nelle prime scritture la diversificazione tra le lingue. Ma anche, in rapporto alla lingua ebraica, la nascita stessa dell'ermeneutica («Onde nel testo ebraico l'Ermeneutica trova bivi e trivi e quadrivi a ogni passo»). Rousseau, nell'Essai sur l'origine des langues, aveva osservato la relazione tra l'assenza delle vocali nella lingua ebraica e la variabilità estrema della pronuncia: «Les Juifs de nos jours parlant Hébreu ne seroient plus entendus de leurs ancetres». In una pagina dello Zibaldone (2404-2405, 29 aprile 1822) leggiamo: 227

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