Il piccolo Hans - anno XIV - n. 53 - primavera 1987

movimento che è proprio del linguaggio poetico. Tuttavia, nel sistema delle lettere, è con le vocali che la lingua della poesia ha una complicità profonda, e non più soltanto d'ordine fantastico e combinatorio: le vocali sono il legame trasparente delle parole, la traccia dell'affinità della lingua poetica col canto. La misura del verso, e dunque il ritmo come interruzione del tempo continuo del discorso, ha nelle vocali la sua ratio: dispositivo che fa di un'ars poetica l'apertura al musicale, della dizione il richiamo alla perduta unità della parola con la musica. Una teoria delle vocali attiene certo ai saperi che disciplinano la fonologia, come attiene a quella semiosi per la quale il segno è elemento d'una combinatoria, anagrammatica o ipogrammatica: ma tra l'una e l'altra disposizione può insinuarsi e prendere campo una riflessione che allinei, sull'esile traccia delle vocali, frammenti di conoscenze, curiosità libresche, forse leggende: materiali per un'approssimazione a quella soglia sulla quale dire delle vocali è intrattenersi con l'invisibile della lingua, col suo respiro, o, come credevano gli antichi orientali, con «l'anima della lingua». Grammatici antichi e moderni lessicografi hanno affidato alle vocali la responsabilità d'un'autonomia, il privilegio d'un'indipendenza nell'ordine dell'alfabeto. Negli Etymologiarum sive originum libriXX, di Isidoro di Siviglia si legge: «Vocales sunt quae directu hiatu faucium sine ulla conlisione varie emittuntur. Et dictae vocales, quod per se vocem impleant, et per se syllabam faciant nulla adherente consonante». La definizione attraversa grammatici e trattatisti, dalle scritture patristiche ai moderni, fino ad essere accolta dal Porcellini, nel 224

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