cui e a cui rispondere. «Encore un fois je me laisse aller à faire des étoiles trop grandes» confessava van Gogh. Questo «trop grandes» rimanda all'«in più» di poco fa. Se i meccanismi dell'isteria, come sostiene Lacan15 , si avvicinano ai meccanismi dell'arte, nella scrittura poetica non si ravvisa quel processo di dissociazione e ristrutturazione degli elementi secondo una «syntaxe originelle» o catastrofe sintattica (nel senso più lato) che tipizza la paranoia? Rimarco banale - si osserverà giustamente, ma che può collegarsi a tutto il discorso sulla terminabilità/interminabilità. Lascio per il momento su un'immagine sommaria, provvisoria: l'interminabile della scrittura si connette forse a questo: che essa, nel suo «ne cesse pas de s'écrire», non arrivi mai a coprire totalmente se stessa. 9. La fine è un sogno - come ci sono i sogni della fine. Di sogni in corso e in fine d'analisi, parla in più punti Freud. Però quello che mi è venuto in mente confusamente, avviandomi alla fine di questo scritto, è stato un sogno riportato da Ella Sharpe, nell'ultima pagina della sua "Analisi dei sogni"16 • Sono andato a rileggerlo, e lo riassumo qui. Il sogno venne fatto, e raccontato da una donna gravemente malata, tre giorni prima della morte. «Ho visto tutte le mie malattie raccolte insieme e quando le ho guardate non erano più malattie ma rose, e seppi che quelle rose sarebbero state piantate e sbocciate». La Sharpe aggiunge un breve commento, sottolineando la capacità di resistenza alle avversità, e di inesauribile freschezza interiore della paziente, una donna di ottantun anni. «Il sogno rivela la fonte della speranza incrollabile che ha sostenuto la sognatrice in vita e che è stata la sua consolazione nella morte. Soltanto Eros sa che le rose verranno piantate e sbocceranno». 206
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