réflexions! copions tout de mème! il faut que la page s'emplisse, que le monument se complète...Joie finale et éternelle...» - dove non si fa fatica a scoprire che la parola cardine è «copions», attività sostanzialmente inesauribile e parificatrice d'ogni accidente. La scrittura non offre nessuna garanzia; non c'è nulla che assicuri del punto in cui una scrittura possa considerarsi terminata. Pesco in proposito un'eccellente formula di Barthes, che a sua volta l'ha imprestata da Lévi-Strauss: tutto ciò che si scrive è en mal de sens... «Ce qui ne veut pas dire que la production est simplement insignifiante. Elle est en mal de sens: il n'y a pas de sens, mais il y a comme un reve de sens' :': 1 On n'écrit plus pour telle ou telle raison mais l 'acte d'écrire est travaillé per le besoin du sens...»9 • En mal de sens esprime con concisione efficace e una mancanza e la tensione, lo sforzo per colmarla - non meno del delirio di riproduzione, coattivo, incorporato al «copions». Niente obbliga a finire una frase, continua Barthes: «essa è infinitamente catalizzabile»; cioè c'è sempre qualcosa d'altro da aggiungere. Concezione, possiamo dire, che inaugura la modernità e che sarebbe apparsa, più ancora che diminutiva, inconcepibile a un classico. Non mi è difficile fare sovrapporre, almeno in questo caso, i due termini di «frase» e «scrittura». La frase, si sa, è per Flaubert il metro campione per misurare il tempo e il pensiero, il costitutivo del reale, la sua avventura, «gribouillage imbécile», il suo dolore e il suo «souffredouleur». Fra tanti sfoghi, si disegna tuttavia abbastanza chiaramente ciò che appartiene, e non appartiene, al soggetto: la scrittura. E dopotutto: «mes bonshommes ne sont pas près d'etre finis!»10 200
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