Visse pericolosamente, eroicamente. Sempre. A tratti riuscendo a mantenersi integra, a tratti andando in frantumi. Dentro di sé trovava il ricordo dell'unità completa, e la nostalgia la soffocava, fuori di sé non trovava nulla che potesse veramente appagarla. A poco a poco il suo mezzo di sopravvivenza si logorò, mostrò i suoi limiti, sempre maggiori, finché Virginia si trovò stretta alle corde. Costretta a guardare in faccia- la sconfitta: «Come sono stanco di storie, come sono stanco di fra- • 21 Sl... » . «Il mio libro imbottito di frasi, è caduto a terra. Giace sotto la tavola, e la donna a ore lo spazzerà via... Qual'è la frase per la luna? E la frase per l'amore? Con qual nome battezzeremo la morte? non lo so. Ho bisogno di un linguaggio familiare come quello degli innamorati; parole di una sillaba sola come ne dicono i bambini quanto entrano in un stanza e trovano la mamma a cucire... Ho bisogno di un urlo; di un grido... Ho finito per sempre con le frasi. Quanto è meglio il silen- • 22 . ZIO... » .· La scrittura ha fallito: nonostante fosse stata inventata proprio per tentare di restituire completamente l'attimo che fluisce. L'essere è rimasto al di là, impenetrabile, se non a tratti, a lampi. La scrittura ha potuto restituire solo qualche «momento di essere». Assai poco ha potuto contro il tempo dissipatore. E dunque Virginia sente il bisogno del linguaggio degli innamorati, del balbettio dei bambini in presenza della 295
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