Il piccolo Hans - anno XIII - n. 51/52 - lug./dic. 1986

II «Ancora io anelo... a bocca aperta, come un uccellino insoddisfatto, a qualcosa che mi è sfuggito»19 • Il ricordo dell'iniziale beatitudine, il sapore del paradiso perduto rimase sempre troppo forte in Virginia. Lei non poteva, non voleva restarne fuori. Tentò con ogni mezzo di tornare, di rientrare nell'unità primitiva. Di ricostruirla. . Tentò di fermare il tempo. Lo scorrere del tempo, infatti, è il segno principale della divergenza tra l'essere e il vivere. Tentò di non diventare un individuo mantenendo finché le · fu possibile, e a costo della follia, lo stato di fusione con la madre, lo stato di fusione con l'essere. E inventò al sua scrittura. Notò acutamente Anna Banti, avvicinandosi al vero: «Il fatto è che la scrittura vorrebbe essere tutti e ognuno in ogni luogo e tempo»20 • Ma Virginia non voleva essere così, doveva essere così. Virginia poté accettare di diventare un individuo autonomo, staccato dall'essere, solo cercando in ogni modo e in ogni momento di saldare la frattura, di ricostituire l'unità. E quando il tempo, vittorioso nonostante lei, la inchiodò per sempre alla sua pur così instabile, fragile individualità, le restò solo la scrittura. Lo scrivere fu la sua unica speranza, la sua unica difesa. Raccontò nelle Onde la sua tragedia. Dall'inizio alla fine. E la scl"!_ttura, in parte, l'aiutò. A mantenersi in bilico, come un funambolo, tra il rifiuto e l'impossibilità di rompere la fusione e la necessità di accettare di individuarsi per sopravvivere mantenendo in qualche modo anche il contatto con l'essere. .294

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