mia lingua, cielo! Sono il più eminente di coloro che parlano questa lingua, ma se fossi dove è parlata»). Ferdinando definisce la propria identità in termini socio-linguistici, stabilendo un nesso tra lingua e gerarchia sociale e insieme registrando, nella distanza tra «I am» e «were I», la _labilità segnica e geografica della propria identità così definita. Ma è Calibano ad esprimere il grado massimo della critica illuminista del linguaggio nella Tempest: nostalgia di indifferenziazione, resistenza alle mutilazioni che il logos impone per la determinazione del senso e insieme critica della sua diairesi .simbolica. È lo stesso gesto culturale con cui, leggendo la critica di Foucault al Cogito cartesiano, accusato di aver prodotto il «grande imprigionamento della follia» da parte della ragione, Derrida può additare come violenza la separazione, nella totalità originaria del logos, del linguaggio dal silenzio45 • Persino le conclusioni - in termini di codici della cultura il «grado di desemiotizzazione illuminista» - sembrano non dissimili da quelle shakespeariane. Ormai certo della libertà con il ritorno di Prospero a Milano, Calibano giunge ad accettare, con il suo primo gesto di autonoma scelta, la saggezza di Prospero, come Derrida può dichiararsi, dopo l'accusa alla parola, a favore della sua preminenza sull'escluso o «follia», condizione necessaria per il costituirsi della storia: «solo grazie a questa oppressione sulla follia può dominare un pensiero-finito, vale a dire una storia»46 • Divenuta cosciente del suo abuso e dei miti che la totalità negata implica, e costantemente rimessa in discussione, la parola può e deve istituirsi: «si potrebbe dire che il regno di un pensiero-finito non può fondarsi se non sopra l'imprigionamento, l'umiliazione, l'incatenamento e la derisione più o meno mascherata del folle in noi, di un folle che non può mai essere altro che il folle di un logos, come signore, come re»47 • Il linguaggio non potrebbe essere qui più «elisabettiano», forse reminiscente del teatro di Shakespeare; come la coscienza di Calibano non potrebbe essere più commisurata alla duplice istanza - di rivolta e accettazione - espressa in queste parole. Ne è com236
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