Calibano si rivela in· realtà infine educabile, anzi autoeducabile. La gamma di emozioni di Prospero non è quindi consona all'autorità regale che il vecchio re-mago dovrebbe impersonare nelle aspettative di un pubblico educato ai valori monarchici: essa al contrario «demonarchizza» Prospero, confermando una scoronazione - come androginia psico-simbolica e come dominanza di un codice illuminista - che attraversa l'intero testo, triplicemente coinvolgendo con Prospero il progetto di Gonzalo e il desiderio di Ferdinando. Di queste tre demonarchizzazioni comune causa profonda è Calibano: a lui Ferdinando viene assimilato nella rieducazione mediante lavoro e naturalità; di lui Gonzalo teorizza, nella fantasia utopica derivata da Montaigne•2, i desideri che ne motivano la ribellione; e la sua oppressione può bene giustificare l'abiura di mago di Prospero. L'iperbole dello sprezzo che sembra colpirlo in tutto il testo - nelle parole di Prospero, Stefano, Trinculo - ha indotto a vedere in lui l'indigeno da colonizzare o, in alternativa, l'oppresso con la cui rivolta simpatizzare. Ma Calibano è molto di più: a lui è affidata una delle più ardite funzioni nel processo di educazione della Tempest. La stessa ironia che attribuisce tratti co_mici alla funzione di re di Prospero conferisce a Calibano un significato parallelo a quello del cannibale del saggio di Montaigne, da cui sembra derivare (Calibano = Cannibal). Rivolgendo il pensiero a Platone e Licurgo Montaigne rimpiange che essi non abbiano potuto accedere nella loro opera di- legislatori all'utile esempio dei cannibali, superiori nella loro naturalità alle società europee contemporanee43 • Il sistema di appellativi negativi che recursivamente connota Calibano è ironicamente a duplice senso. Egli è anzitutto un «monst«:r», come lo definisce Prospero: ma in quanto monstrum è, come Miranda, «da guardare», nodo ottico della significazione del testo. Gli altri tre appellativi ricorrenti - «devil», «fish», «moon-calf» - sotto l'ovvia negatività alludono all'ombra, all'acquatico, al lunare: all'antitesi del diurno solare e 234
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