(LEAR: E così sia. La tua verità sia la tua dote! Per la sacra luce del sole, i misteri di Ecate e della notte, Per tutti i movimenti delle sfere celesti, da cui il nostr9 esistere dipende e cessa, io qui ripudio ogni cura paterna prossimità e parentela di sangue e straniera a me e al mio cuore ti riterrò per sempre. Il barbaro Scita o colui che divora la sua prole per soddisfare il suo appetito sarà al mio [seno accolto, compreso, consolato come te un tempo figlia mia). Gli Sciti «che divorano la loro prole», d'ora in poi graditi al re nella sua ira, sono antecedenti immediati del drago menzionato nelle parole di Kent: la fantasia cannibalica nel segno di Cronos, divoratore dei suoi figli, si salda all'immagine di tante favole della principessa minacciata dal drago e poi salvata dal principe e futuro marito, come qui Cordelia dal re di Francia. Nelle parole di Lear a Cordelia, alla positività uranica del sole vengono nettamente opposti i misteri nictomorfi di Ecate, secondo uno sguardo di separazione (diairesi) che investe, negativizzandola, la figlia. Nelle parole di Kent la principessa (Cordelia) è stata risucchiata dall'ansia del padre: la fanciulla vi è designata come ·«wrath», oggetto d'ira del drago, in cui Lear si è identificato. Insieme simbolo animale (teriomorfo) e di caduta (catamorfo), il drago esprime un'antifrasi in cui inghiottire l'inghiottitore: il tempo appunto, identificato con la figlia. Scindendo in nette polarità l'immaginario secondo serie omologhe (alto vs basso, luce vs tenebre, sole vs luna" ecc.) lo sguardo di Lear ha «annerato» Cordelia con la stessa dinamica simbolica con cui ha esaltato la sovranità del re-padre nella richiesta di omaggio assoluto. Secondo il tipico sdoppiamento dell'immaginazione diurna, all'ac213 -
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