Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

Arte,· trionfo, manìa: l'altro Baudelaire. Baudelaire sembra aver alimentato la sua «modernità» - fra l'altro - installando, come direbbe Blanchot, il fatto di scrivere entro la duplice e complementare esperienza della melanconia e della manìa, rilanciando questa figura (almeno) bicipite ad altri testi, di/per altri autori, contemporaneamente recuperando tale polarità da una illustre tradizione, - figurando essa nella radice del pensiero poetante della classicità. Ma, se il primo polo pare aver beneficiato di attente e numerose analisi - su campioni ristretti e anche in ambiti più allargati 1 -, non così può ...... dirsi del secondo, che pure è non meno essenziale alla comprensione di quel «monstre bicéphale» che Baudelaire identifica quale emblema stesso del fare artistico. Accanto allo «spleen» dunque, l'«ivresse», accanto al male d'esistere e alla sua coscienza lucida, la maschera, il grottesco, il comico sull'orlo dell'abisso, - il trionfo (lo stato «iperbolico», l'«apoteosi»). Bisognerà dunque pensare la poesia di Baudelaire come luogo dinamico nel movimento che dalla «triste misère» e dal «pays pluvieux» porta alla trasparenza, all'intensità e alla giubilazione della fase trionfale del processo melanconico. Alttettanto dire, con qualche semplificazione, passaggio dall'alta e drammatica liricità delle Fleurs alla trascendenza funanbolica propria ai Petits Poèmes en Prose. Non è un caso che proprio in un poemetto in prosa 70

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==