Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

sono la proiezione dell'apparato riflesso che fedelmente te li consegna come imperturbabile natura, come felice brandello di mondo esterno. Nelle marine di Boudin è visibile il tempo. Ce lo assicu- . ra Baudelaire, a proposito del Salon del 1859, di quei pastelli presi di schizzo da ciò che vi è di più incostante nella forma e nel colore: il mare e le nuvole. Su ogni foglio una didascalia riporta data, ora e direzione del vento. Se voi la nascondete con una mano, e se avete conoscenza delle meraviglie meteorologiche, le ritroverete da soli. Provate: indovinerete la stagione, l'ora e il vento. Baudelaire conclude con queste parole: le nuvole di forma fantastica e luminosa, il caos delle tenebre, le immensità di verde e rosa, sospese e aggiunte le une sopra le altre, le fornaci spalancate, il firmamento di satin nero o viola sgualcito accavallato o strappato, e l'orizzonte a lutto o tempestato di metallo fuso, e tutte le profondità e gli spendori alla fine mi sono montati al cervello come una bevanda inebriante, o come l'eloquenza dell'oppio. Percepire direzione del vento e stagione in un pastello che rappresenta solo mare e nuvole è come introdurre nel paesaggio un'eloquenza vertiginosa, è quasi come pretendere di scorgere un'esplosione di senso improvvisa, o una · traccia di forma di pensiero, di splendore montato al cervello. È come voler scorgere in atto unità di paesaggio e rappresentazione mentale. Questi livelli dentro la visione, questa traccia di tempo che vi sarebbe inscritta e riconoscibile non suggella un rafforzamento dell'unità del quadro, ma ne rappresenta il punto di massima tensione, il momento del collasso, della separazione delle componenti, la rottura della magia. Il tempo che si inscrive nel dipinto· è già il tempo discontinuo dello choc, il tempo freudiano in cui memoria e coscienza, e percezione e coscienza si escludono a vicenda 2 • 165

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