Il piccolo Hans - anno XI - n. 43/44 - lug./dic. 1984

di morte, per reiscriversi nella formalità deHa vita ( « non sta bene», H corpo vivo non lo permette), di fronte a oui sono però inutilmente apertJi occhi già vuoti, fotografati 1 al niente deUa propria insignificanza di cadavere. La scritturn si carica dell'immagine di morte, si fa qui « morto» ess,a stessa, in una t:riaocia che non può dirsi, ma solo veder , si. Così come si può vedere il ,s,ogno di Gonzalo nella grana della hngua: , l'imperfetto, il tempo dell'io ero tu eri, il tempo della fasdnazione e della follia, della solitudine: « Saliva nel solaio [ ...]. Si impolverava le ginocchia [...]. Estraeva dall'astuccio la leggera mitragl, ia [...]. Scendeva: le scale di casa sua, scendeva [ ...]. Si piazzava sul terrazzo [...] » 43_ Poi il verbo taoe del tutto: « [ ...]. Tatràc: la molla, il nottolino, il gancio. Un caricatore lucido, un pettine. La canna del mandolino infilava 1a sala. Oh! che bella romanza, che manduline, cheocanzuna, che marnchiaro, nella casa libernta! Disinfettata ,[... ] » 44. La « �ealtà», dopo il ,sogno di una carneficina-romanza, ritorna per Gonzalo come contrario, oome negazione del suo stesso discorso: Avrebbe voluto inginoochiar.si e dire: « perdonami, perdonami! ,Mamma, sono io!». Disse: « Se :ti trovo ancora una volta nel braco dei maiali, scannerò te e loro!». Questa frase rnon aveva senso, ma la pronunziò realmente (così oerte volte il battello, a,ocostando, sorpassa il pontile) 45 • Una frase piena, diretta, queHa pronunziata da Gon252

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