Il piccolo Hans - anno XI - n. 43/44 - lug./dic. 1984

a forti dolori. Tentarono in ogni modo di alleviarmi il dolore e mi si promise l'impossibile perché non peggiorassi la situazione fregandomi e grattandomi. Ce la feci ... Finalmente, dopo questo triste periodo, mi cadde come una maschera dal volto: il vaiolo non aveva lasciato nessuna traccia visibile sulla pelle, la fisionomia però era notevolmente mutata. Ero contento di rivedere la luce del giorno e di perdere via via la pelle maculata: ma vi era chi si mostrava così crudele da ricordarmi spesso il grave stato da cui ero uscito. Me lo rammentava soprattutto una zia molto vivace, con la quale avevo prima professato l'idolatria; anche a distanza di anni, non poteva vedermi senza esclamare: Puah, il diavolo! Come è diventato brutto. Mi raccontò poi circostanziatamente come si facesse gioco di me, e quali impressioni provava, ogni qualvolta mi prendeva in giro ...». Certo, da un'analisi diretta e personale si potrebbero in un caso simile apprendere notizie molto più sicure; ma anche da queste testimonianze si possono trarre elementi sufficienti per affermare che viene confermata la nostra aspettativa riguardo agli investimenti regressivi dell'erotismo della mano e dei pensieri sulla propria bellezza (compensazione regressiva per la perduta bellezza). È inoltre degno di nota il fatto che Goethe ci informi che prendeva ancora lezioni di disegno, e in particolare che si esercitava in quest'arte. Dopo la rottura con Liii (« così la presenza di un bravo artista mi aiutò anche (al di là dell'attività poetica) a trascorrere quelle brutte ore; e sono ancora una volta debitore a un'incerta aspirazione verso una attività pratica, per una segreta pace dell'anima in giorni nei quali non sarebbe stato possibile sperarla») (ventesimo libro); e poi dopo la fuga dalla Signora von Stein, durante il soggiorno in Italia. Al termine della nostra analisi ci troviamo però di fronte al fatto, certo innegabile, che Goethe non fu pit159

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