mostrato, a questo riguardo molto meno ortodosso dei suoi allievi. L'ortodossia di Ferenczi è, come si diceva, ricerca del vero, e in questo senso egli si distingue fra tutti per amore e fedeltà. Amore per la ricerca che si coglie, fin dai suoi primi scritti non ancora psicoanalitici, come una particolare curiosità dai tratti quasi infantili per argomenti quali l'ipospadia, l'utero bicorne, il restringimento rettale, l'iperdattilia, lo spiritismo; ma che si ritrova anche negli ultimi tre (1931-33), che sono fra i suoi più belli, e negli appunti del '32 su fachirismo, chiromanzia, lamaismo e disciplina yoga. Fedeltà a Freud, che nel loro sodalizio non avrebbe saputo stabilire quanto l'uno dovesse all'altro. Fedeltà all'istituzione (a cui sacrificò la sua presidenza internazionale, proponendo Abraham che poteva suscitare minori contrasti) e ai suoi strumenti operativi. Ma soprattutto amore per la verità, tanto che si può ritenere nascessero, sia da questo amore che da quella fedeltà, le avversità che amareggiarono gli ultimi anni della sua vita: l'amore che gli fece affrontare aspre paternali da parte del maestro senza per questo mutare indirizzo, la fedeltà che lo pose per un ventennio nell'invidiabile condizione di favorito, di genero ideale, di gran Visir, come con questa, scherzosamente, e con altre espressioni (maestro di noi tutti, vale da solo un'intera società) lo qualificava lo stesso Freud. Gli avvenne, cioè, con molta probabilità, quello che Servadio racconta essere capitato a un uccello catturato in India dai suoi compagni di prigionia, alla cui zampina era stato legato un piccolo tricolore: di venire, una volta rimesso in libertà, ferocemente beccato, per quel segno di distinzione, da tutti gli altri uccelli dello storno. Le beccate più impietose Ferenczi le ebbe, a proposito delle sue divergenze, dal suo paziente dei tempi eroici: Ernest Jones. 123
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