Il piccolo Hans - anno X - n. 40 - ottobre-dicembre 1983

gare l'assise stessa del presente per interrogare le sequen­ ze della sua storia, attraverso alcune parole rivoltate in ogni senso, temporaneamente investite, parole di cui pen­ sa che possano in seguito costituire un evento generando un turbamento nella coscienza comune. A Rodez si gioca tutto su qualche parola, su minime inflessioni di senso. Dalla situazione di deportazione manicomiale non c'è altra uscita, in quel momento cruciale, che quella di co­ minciare a raccontare instancabilmente, con parole prese a prestito da qui e da lì, la storia della vita stessa, l'origine del destino: le peripezie di quella vita stessa che, come dice Artaud, gli è derubata, confiscata. Nessun'altra via d'uscita dunque che intraprendere il racconto della morte, di quella morte sempre rinnovata che non si cessa di imporgli, facendo variare le versioni di questo evento im­ pensabile. Ciò che, secondo me, si prepara in quel momen­ to di ritiro forzato è l'affermazione più conseguente, più rischiosa degli ultimi testi di Artaud: sono il figlio delle mie opere, quelle che sono sul punto di prodursi; non ho altra possibilità di nascere se non da ciò che ora scrivo, in un tempo di finzione al di là delle morti successive. La posta in gioco dello scritto, di questo testo prolifero di Rodez che senza cessa si riprende, ritaglia, decide, si analizza, non è altro che la stessa esistenza, il suo pro­ dursi, la sua tragica continuità: l'inscrizione ultima di un nome che ritornerebbe in proprio al soggetto, di un nome di cui potrebbe infine sostenerne l'affermazione per averne conosciuto gli effetti sul suo corpo medesimo. Pro­ getto insensato di una lingua colta nel momento del suo rinnovamento. Ormai la poesia è possibile solo a questo prezzo: essa non può farsi intendere che a condizione di divenire il luogo di nascita di colui che la scrive, di colui che la parla. Figura molto singolare dell'«autore» che fa la sua comparsa così all'ultimo momento dell'opera. Come dire che proprio qui, nei testi dell'Artaud di Rodez, la scrittura 90