Il piccolo Hans - anno X - n. 40 - ottobre-dicembre 1983
che un uomo potesse anche capire da che parte non sta - perché non si sa mai - ed è una sensazione sconcertante, e meravigliosa. Ero talmente piena degli stimoli del lavoro - quel testo inarrivabile di Euripide - che di colpo mi veniva da sé: mi dicevo - boh! da dove è venuto - ma sapevo che alla fine sarebbe comunque venuto, e non è che non fossi consapevole di ciò che facevo, potevo rac contare il gesto esatto nella progressione di ciò che avevo fatto, che solo da quella progressione infinitamente pre cisa poteva uscire fuori l'azione grossissimamente indefini ta - indeterminata? - altrimenti non si sarebbe mai data quella potenza interna... tanto che alla fine del parodo si era tutti ciechi - tutti ciechi - si era tutti ciechi ma tutti si vedeva bene... si cominciava a vedere da un'altra parte. Quando si usciva... tutti, io per prima, e loro dietro, perché non c'era bisogno che si alzassero le guide, loro si erano già alzati: tutto era avvenuto per una sorta di necessità... la necessità di passare dal parodo al primo episodio. Chi sta alle porte - lì era tutto porte - così uscivano, e si trovavano in un'altra cerniera, simile alla precedente solo slargata da una parte, quasi una cavità in cui si vedeva un letto corrispettivo al parodo un altro piatto di pane una seggiolina... uguali. Questi tre elementi ritrovati, rovesciati e rispecchiati nell'entrata del primo episodio dove si dice - chi sta alle porte? chiama Cadmo!... giungevano, a suscitare l'inquietudine che il dionisiaco provoca nell'uomo comune, e già conoscevamo lo spaven to di quella cecità mistica in cui la ragione sembra com pletamente scartata. C'era bisogno di qualcuno: così si rientrava nel teatri no abbandonato, quasi come rientrare in un luogo rico nosciuto tranquillizzante. In realtà, tutto era di nuovo spostato, le seggioline in fila a lato del palco, e sotto - illuminato da una gran luce - un grande tavolo bianco: (letti tavolini e seggiole di legno bianco io me li porto 55
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