Il piccolo Hans - anno X - n. 40 - ottobre-dicembre 1983

La rappresentazione e la sua scrittura Non saprei di fatto dire perché sono caduto su Sogno di August Strindberg, dramma non attuale, farraginoso a tratti, e facile a interpretazioni mistiche o retoriche quan­ to meno... forse mi attirava questa sua indistinzione dram­ maturgica, quel qualcosa di sospeso, tra un'azione teatrale ben conclusa, e la riflessione su una vicenda al limite del ricordo autobiografico... forse mi piaceva affrontare l'intreccio religioso, così improbabile, tanto da risultare posticcio quasi, eppure motivo fondamentale all'equilibrio organico della pièce, nodo risolutivo di quell'inagibile tea­ tralità cui era giunta l'esperienza personale dell'autore... sui bordi della rappresentazione, mi viene da dire, ironico di linguaggi neoaccademici. Mi ci hanno costretto gli at­ tori! - potrei certo scusarmi - un gruppo di ragazzi romani ventenni, diplomandi d'arte drammatica... io avevo propo­ sto loro cose più succulente e vigorose, la visionarietà sanguinosa, ed esasperatamente erotica, di Middleton nel­ la fattispecie... ma loro, hanno con ferma determinazione declinato l'invito, quasi non andasse più di questi tempi osare un'esposizione dei corpi, al mondo - al mondo della scena fosse pure - fino a quegli eccessi illeciti. Quindi, mi sono «appassionato» a Strindberg, mi sono lasciato in­ vadere da quella sua scrittura incatenata, in cui ogni pa­ rola - ogni battuta - vive solo dell'incalzante frase suc­ cessiva, e nessuna azione si chiude, nessuna scena si ri- 33

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=