Il piccolo Hans - anno X - n. 40 - ottobre-dicembre 1983

Iniziare si sarebbe potuto anche altrimenti, e cioè con maggiore understatement, come fa Kasaburo Kuwaiama, premetten�o alla sua monumentale opera di tassonomiz­ zazione morfologica dell'universo dei marchi commerciàli una piccola storia degli inizi. E per noi è piuttosto inte­ ressante perché, contrariamente· a quanto avviene in area occidentale, sembra che in Giappone sia la segnaletica commerciale a venir dopo l'araldica: egli riporta che si sa di stemmi applicati alle tende da campo dei nobili già a partire dal settimo secolo, ma che non li si conosce direttamente. Mentre si sa che le famiglie Minamoto e Teria usavano per identificarsi vessilli rossi e verdi attor­ no al 1180. E certamente nel tredicesimo secolo i samurai usavano un sistema di simboli distintivi ad impianto mor­ fologico circolare. Per il marchio commerciale bisogna attendere il 1400 coi fabbricanti di porcellane. E per i particolarissimi «sigilli» testimonianti il passo delle merci su un determinato naviglio, addirittura il 1700 3 • Si sarebbe potuto cominciare anche, più prudentemen­ te, non con un ego ma con un ipse dixit, e riprendere Cassirer quando, nell'introduzione della sua Filosofia delle forme simboliche, definisce l'uomo la specie degna più del definiens «simbolicus», che di quello «rationalis» 4. E in fondo la cosa ci potrebbe invece essere piuttosto di aiuto se, seguendo l'invito di Mario Trevi a stupirci che la parola «simbolo» copra equanimemente fenomeni disparati 5 , come la simbologia matematica di Lobat­ schewsky o la simbolica mistica alla _maniera di Eliade, tenteremo con Maldonado,· di distinguere fra segni del traffico da un lato, e dall'altro croce, mezzaluna, falce e martello. E lo seguiremo volentieri quando afferma che dietro di questi ultimi c'è un impero, un partito, una setta, una famiglia 6 • Noi aggiungeremo però che anche dietro un codice, un sistema di segni e di norme (cioè anche dietro i segni del traffico) c'è un potere che li rende ope- 148

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